Tra l’agosto del 1991 e il 30 novembre del 2021 i comuni sciolti per infiltrazioni mafiosi in Italia sono stati 364, in particolare 357 comuni e 7 aziende sanitarie. Gli scioglimenti hanno riguardato enti di undici regioni italiane, dimostrando come il fenomeno non sia più limitato alle regioni dell’Italia meridionale, ‘storicamente’ interessate dalla presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso, avendo coinvolto, pur se in misura inferiore, anche regioni dell’Italia settentrionale. E’ quanto emerge dalla “Relazione sulla prevenzione della corruzione e sulla trasparenza nei Comuni sciolti per mafia” approvata dalla Commissione parlamentare antimafia.
Nel 2020, sono stati 53 i comuni affidati a una gestione commissariale: ai 42 che si trovavano in tale condizione al primo gennaio (17 dei quali sono poi tornati al voto a settembre 2020), se ne sono aggiunti 11 nei confronti dei quali lo scioglimento è stato disposto durante il medesimo anno solare.
In 17 comuni, giunti al termine della gestione commissariale si è avuta in più casi la riconferma di sindaci eletti prima che avvenisse lo scioglimento con una rilevante presenza di liste civiche in luogo dei partiti tradizionali e, talvolta, si è riscontrata una scarsa effettiva competizione.
Dall’analisi riportata nella Relazione emerge che le gestioni commissariali “non prestano la dovuta attenzione o, comunque, non riescono ad affrontare in maniera adeguata gli aspetti della trasparenza e della prevenzione della corruzione, che appaiono invece essenziali per consentire un graduale ritorno verso la legalità dei comuni che, sciolti in quanto inquinati dal condizionamento della criminalità organizzata, sono affidati alla loro amministrazione”.
(Askanews)