Qualche anno fa, celebrandola, il famoso settimanale lametino Reportage del compianto prof. Rosario Arcuri, la definì come il film Disney, “La Carica dei 101”, ma, secondo me, non basta un’intera pellicola per descrivere cos’è il «Dattilo’s Pride». Un’intera famiglia, con tutte le sue generazioni ancora viventi che si ritrova da 36 anni, primo appuntamento nel lontano 1988, prima a distanza di qualche anno, ora ogni anno, ha, sicuramente qualcosa di speciale e, sicuramente tante storie da raccontare. Insomma, sempre per restare in ambito cinematografico e televisivo, questo evento è paragonabile al drama americano Dynasty, ma non fatto di grandi ereditieri, potere e denaro, no. É una saga all’insegna dell’amicizia e del rispetto, fondata sui valori dell’onestà, principalmente intellettuale.
UN…BEL PO’DI STORIA Prima di raccontare il meeting di quest’anno, che ha avuto anche un epilogo particolarissimo, val la pena fare un po’ di storia di questa grande e nobile famiglia. L’origine di questa longeva dinastia, infatti, affonda le sue radici addirittura alla fine dell’anno mille quando, in un diploma di Urbano II, stipulato in Castel Sant’Angelo del 1094, Achille ed Ottone Dattilo vennero insigniti del titolo di cavaliere di Cristo. Entrambi si trovavano nel Regno di Napoli a servizio dei Normanni. Ottone, in particolare, ebbe due figli, Pietro e Boemondo. Il primo vestì l’abito gerosolimitano, l’altro sposò Caterina Coscia e diede origine alla branca che fece il suo avvento in Calabria e in particolare nel cosentino, allora Calabria Citeriore. Segnatamente Giovanni Dattilo (nome che ricorrerà spesso tra gli eredi arrivando fino a noi oggi ndr), proprio ad Altomonte, alto cosentino, appunto, nel 1270 ne possedette dei feudi e per questo, fu annoverato tra i baroni del Regno. Non si trova moltissimo sulla ramificazione della famiglia dattilo, come sottolineato anche da tal Vincenzo Rossetti in un articolo apparso sul mensile «Città» del settembre 1992, dove cita il Molto rev. P. Maestro Fra Girolamo Sambiasi Cosentino. Dell’ordine de’ Predicatori e Reggente in Cosenza che nella sua opera «Ragguaglio di Cosenza e di trent’una sue nobili famiglie» dove dice: “…Giovanni Dattilo viene annoverato trà Baroni del regno come colui che possedeva feudi in Altomonte. Et à Raimondo e nella Piana di Nicastro…”. Tutto ciò nel 1266. Ecco che, da questi scritti, si può evincere che le ramificazioni dei Dattilo cosentini, attraverso l’acquisizione di proprietà, si allargarono anche verso Lamezia, dove, attualmente, vi è concentrata una nutrita rappresentanza. Lo stesso Rossetti, poi, ipotizza una connessione tra il 1266 e il 1860, anno di nascita di Gennaro Dattilo, figlio del possidente detto “Massaruotti” che potrebbero aver diviso, sempre secondo il Rossetti, i feudi posseduti, “assumendo – scrive – l’identificazione: Dattilo-Massaruotti” e proseguendo nella redazione del testo con la citazione di un nobile esponente della famiglia Dattilo – un certo D. Antonio Dattilo, Penitenziere -, incarico che veniva conferito direttamente dal Vescovo, ovvero una speciale delega per assolvere i detenuti rei di peccati che solo il Vescovo poteva assolvere. Insomma da queste poche informazioni, si può affermare che erano pochi i Dattilo a Nicastro 160 anni fa circa, ma erano persone che contavano e rivestivano, quindi, ruoli importanti, soprattutto in ambito ecclesiastico. Non a caso, uno degli ultimi discendenti è quel don Vittorio Dattilo che è stato ispiratore dell’ambizioso progetto di restauro del Mulino delle Fate, ai piedi del monte Reventino, che tanto bene sta facendo alla cultura lametina in particolare e calabrese tutta.
I Dattilo possiedono anche un’insegna ufficiale, stemma raffigurante una palma e due stelle d’oro su sfondo celeste, affrescata in un dipinto della chiesa di San Francesco a Cosenza, probabilmente in onore di Isabella De Donato, andata in sposa a Vincenzo Dattilo, fratello di Giovanni Dattilo, proclamato sindaco di Cosenza nel 1553 e inviato dalla città come ambasciatore presso Re Alfonso e il Pontefice. E questa tradizione, anche a distanza di molti secoli, si è sostanzialmente mantenuta. Infatti alcuni discendenti del succitato Gennaro Dattilo, hanno raggiunto, nel secolo passato e anche nel secolo che stiamo vivendo, nella loro professione, incarichi di spicco a livello nazionale.
UNA TRADIZIONE MANTENUTA CON TENACIA Dopo questo doveroso excursus storico sui Dattilo dal loro avvento tra le famiglie nobili napoletane, fino all’arrivo di alcuni discendenti in Calabria e precipuamente a Cosenza e Nicastro (oggi Lamezia Terme), torniamo ai giorni nostri. Si diceva all’inizio di una tradizione che viene perpetrata dal 1988 quando Luciano Dattilo, a proposito altro illustre esponente della dinastia, ordinario di Architettura all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, decise di dare avvio a questi rendez vous capaci di far incontrare molteplici generazioni di familiari in numero sempre elevatissimo. Addirittura proprio in occasione del primissimo incontro, si ritrovarono ben 240 persone. Un piccolo paese! Incontri che, come ribadito dallo stesso Luciano e ora da Aldo Dattilo che ha ricevuto la naturale investitura nell’organizzazione e la gestione dell’evento, privilegiano “…la festosità reciproca ai tavoli, la poca importanza data al contenuto dei piatti…” perché il cibo sia solo un buon pretesto per aggregarsi.Da allora 11 incontri, con una media di ben 120 presenze, dapprima ogni 4 anni, poi, nell’ultimo periodo, più serrati, fino all’attualità dell’ultimo grande simposio familiare lo scorso 16 giugno in un locale storico del Reventino (territorio scelto ben 8 volte dai Dattilo per celebrare la loro storica famiglia) “’A Giurranda” dove si sono ritrovati 90 esponenti della famiglia.
CARRAMBA CHE NOTIZIA! In particolare quello 2024 è stato dedicato proprio a colui che ha “inventato” questo pride familiare e che, proprio all’inizio di quest’anno, è venuto a mancare, con queste parole: “A Luciano che ci ha saputo trasmettere l’amore per la nostra famiglia e favorire la conoscenza tra noi. L’eredità che ci lascia è la consapevolezza del dono che ciascuno di noi è nel vincolo della famiglia e la speranza che i posteri continuino a promuovere gli incontri e ad approfondire le nostre radici”. Ma c’è una notizia nella notizia che contraddistingue il raduno di questo caldo mese di giugno. Infatti, oltre a ricordare Luciano, durante il pranzo Aldo e i suoi hanno allestito un fuori programma decisamente curioso. Una vera e propria “carrambata”, ovvero, un incontro gradito, tanto quanto inaspettato, che ha veramente dell’incredibile. Tanti anni fa, 54 per la precisione, nasceva da una relazione extra coniugale, una bambina che veniva affidata ad una famiglia perché la madre non riusciva ad occuparsene e il papà non era neanche a conoscenza del fatto. Questa storia, apparentemente chiusa con l’adozione della coppia che Lisa (così viene battezzata la piccola) conosceva come i suoi genitori, si riapre molti anni dopo. Lisa, che vive in America, infatti, comincia a guardarsi allo specchio e non riconoscersi nei volti di mamma e papà e si pone domande. Tante domande che trovano risposte su Facebook – questo è un caso emblematico in cui i social hanno avuto un ruolo davvero importante e dai fini nobili – dove, al termine di una lunga ricerca, riesce a rintracciare il vero padre, che la riconosce. Ed ecco l’incontro fatidico, avvenuto proprio domenica 16 giugno, tra Felice Giampà, cugino di Aldo, di Lamezia, che abbraccia, per la prima volta nella sua vita, la figlia che non sapeva di avere. Una scena commovente che ha dato ulteriore pregnanza ad una storia di famiglia già ricca di buoni sentimenti e legami forti.
Lisa lo ha raccontato, visibilmente emozionata, in una lettera letta agli astanti col suo italiano un po’ goffo, ma con quella consapevolezza di essere circondata dall’affetto dei suoi familiari e del suo “nuovo” papà. Aldo, che ha ringraziato anche la “cugina Anna di zio Toto per essersi presa in carico tutto il coordinamento della giornata e anche mia figlia Anna, per le belle dediche che ha preparato”, promette di fare in modo, d’ora in poi, “di ritrovarsi con gli altri Dattilo ogni anno e di vivere momenti emozionanti e carichi di affetto e buoni sentimenti come quelli di quest’anno”. “Momenti – afferma – da vivere con la consapevolezza che qualcuno non ci sarà più e qualcun altro si affaccerà alla vita per la prima volta, com’è nell’ordine naturale delle cose, ma sempre consapevoli che lo scopo principale è non perdersi mai di vista e, anzi, com’è capitato nell’ultimo incontro, magari ritrovarsi o trovarsi per la prima volta”.
Alessandro Cosentini