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mercoledì, 26 Febbraio, 2025
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Sanità, pagelle ministero “Sistema di garanzia Lea”: Calabria in situazione negativa in alcune aree

Promosse le cure in ospedale ma è ancora buio o quasi in Italia per le due aree più critiche della prevenzione e dell’assistenza sul territorio. Tradotto: i pazienti ricoverati ricevono interventi sempre più appropriati e tempestivi dall’ictus ai tumori ma su temi cruciali per la salute come vaccinazioni, screening oncologici, stili di vita così come sull’uso di antibiotici, assistenza a domicilio, cure palliative, assistenza ai non autosufficienti o i tempi di arrivo di un’ambulanza la strada è tutta in salita. E come sempre quando si parla di sanità nel nostro paese, vale la regola “regione che vai cure che trovi”: la classifica vede al top Veneto, Toscana, Trento ed Emilia Romagna e in coda Calabria, Valle d’Aosta, Sicilia e Abruzzo. Con un evidente sbilanciamento a sfavore del Sud. A dare il polso della situazione della nostra Sanità e delle cure che vengono erogate agli italiani sono le ultime “pagelle” che il ministero della Salute sta per pubblicare e che il Sole 24 ore è in grado di anticipare nei suoi risultati definitivi che riguardano il 2023: si tratta degli ultimi risultati elaborati dal ministero della Salute – attraverso il Nuovo sistema di garanzia (Nsg) – che monitora qualità e quantità dei Lea, i livelli essenziali di assistenza e cioè le prestazioni che il Servizio sanitario nazionale è chiamato a erogare in modo gratuito e omogeneo da nord a sud del paese. E che ancora una volta sono la cartina di tornasole delle disuguaglianze nell’accesso alle cure, sulla pelle dei cittadini. L’esame dei 24 indicatori “core”, cioè determinanti ai fini del punteggio assegnato a ogni Regione per ciascuna area – appunto ospedale, prevenzione e distretto – fotografa tra 2019 e 2023 un trend di miglioramento soltanto per gli ospedali la cui performance – va detto – pesa per il 50% sull’intera assistenza. Dall’altra parte, si registra il peggioramento continuo per l’area della Sanità territoriale (distretto) e per le attività di prevenzione. Con diverse “insufficienze”: sono infatti otto le Regioni che ne incassano almeno una se non due in uno dei tre indicatori. Insufficienze che tra l’altro sono considerate “inadempienze” e quindi precludono l’accesso ai fondi premiali previsti dal Fondo sanitario.

Gli ultimi dati del Sistema di garanzia Lea fotografano per l’ennesima volta un’Italia a tante velocità ma con i risultati migliori concentrati nel Nord del Paese. Sono tredici le Regioni che raggiungono la sufficienza con un punteggio superiore a 60 in una scala da zero a cento in ciascuna delle tre macro aree: Piemonte, Lombardia, Pa Trento, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna. Tra queste spiccano le performance delle “top” che riescono quindi non solo a erogare i Lea ai propri cittadini ma anche ad attrarre un flusso di pazienti con la valigia che si traduce in un saldo di mobilità sanitaria calcolato in circa 5 miliardi. Dall’altra parte, ben otto sono le Regioni “sotto-soglia” in almeno una o due aree: Valle d’Aosta su ospedale (unica Regione ad avere un’insufficienza per le cure in corsia) e distretto mentre Abruzzo, Calabria e Sicilia sono insufficienti su prevenzione e distretto. Bolzano, Liguria e Molise invece vanno “sotto” nell’area prevenzione mentre la Basilicata non centra il target delle cure distrettuali. E nel complesso sono sei le Regioni che non raggiungono la sufficienza nella prevenzione: Pa di Bolzano, Liguria, Abruzzo, Molise, Calabria e Sicilia mentre per il distretto restano sotto l’asticella dei 60 punti Valle d’Aosta, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sicilia.

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Tenuta delle Grazie 13_6_2024

In molte Regioni resta fragile proprio quel “territorio” che la pandemia aveva rivelato come un vero e proprio tallone d’Achille del Servizio sanitario nazionale. Da qui la scelta di prevedere nel Piano nazionale di ripresa e resilienza un investimento in termini di risorse e riorganizzazione delle cure primarie che cuba oltre 7 miliardi, ma oggi questo traguardo sembra irraggiungibile per giugno 2026 quando il Pnrr “scadrà”. Proprio dagli ultimi dati 2023 sui Lea, soprattutto per l’area-distretto, erano attesi i primi effetti dell’adozione degli standard fissati dal decreto 77 del 2022 che ha messo a terra il Pnrr ridisegnando le cure, tra case e ospedali di comunità, centrali operative territoriali, telemedicina e assistenza domiciliare integrata. E invece niente.
Senza contare che sono sotto il tiro incrociato dei sindacati di categoria riforme su cui il ministro della Salute Orazio Schillaci punta molto per “sbloccare” l’assistenza primaria, come la revisione dello status giuridico della medicina generale attraverso il passaggio dal convenzionamento alla dipendenza che dovrebbe portare i dottori di famiglia a lavorare nelle Case di comunità previste con il Pnrr. Un tema su cui già il suo predecessore Roberto Speranza era stato costretto a fare marcia indietro.
(Fonte: ilsole24ore.com)

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