La collaborazione tra il personale della Polizia di Stato e la Guardia Costiera, ormai pratica consolidata, negli scorsi anni ha contribuito ad ottenere svariati risultati, soprattutto nella stagione estiva quando i reati ambientali hanno una maggiore incidenza. Pertanto nel corso dei rafforzati controlli di prevenzione sul territorio, personale della Squadra Volante del Commissariato di P.S. Paola, nei giorni scorsi, durante il servizio di pattugliamento notava che l’acqua alla foce di un fiume, ricadente nell’agro di San Lucido, era di colore marrone e che la stessa, riversandosi in mare, con l’aiuto delle correnti, creava una vasta chiazza scura.
Immediatamente venivano attivati i controlli della Guardia Costiera – Ufficio Circondariale Marittimo di Cetraro e del personale della Polizia di Stato in servizio al Commissariato di P.S. Paola, entrambi competenti per territorio. Le verifiche consentivano l’individuazione di un grosso scarico abusivo: gli scarti della lavorazione di inerti, infatti, dai macchinari di un impianto privato giungevano fino ad un torrente ricadente nel Comune di San Lucido, per poi sfociare in mare. La prima fase investigativa si protraeva per alcuni giorni allo scopo di accertare e individuare il percorso dei reflui degli scarti di lavorazione della struttura. Dopo un’attenta fase di coordinamento ed il riscontro in mare di un notevole intorbidimento delle acque marine nei pressi della citata foce, scattava l’intervento sul posto. Venivano pertanto effettuati gli accertamenti per verificare le modalità di esecuzione di tutte le fasi di lavorazione degli inerti che permettevano di individuare uno scarico di notevole portata. Nei pressi dei macchinari veniva individuata altresì un’inusuale fuoriuscita di acque che defluivano nel sottosuolo.
Il controllo veniva quindi esteso nelle aree limitrofe e si individuava un artifizio – occultato tra la vegetazione – che risultava collegato all’impianto di lavorazione tramite un collettamento sotterraneo. Dagli accertamenti emergeva che la ditta in argomento era priva di qualsivoglia autorizzazione allo scarico in mare di acque reflue. L’attività si completava con il prelevamento di taluni campioni delle acque – inviati poi ai laboratori dell’Arpacal – in molteplici punti non solo dell’impianto ma anche del torrente allo scopo di verificare l’eventuale sussistenza di inquinamento delle non lontane acque marine. La struttura veniva quindi sottoposta a sequestro per mancata autorizzazione allo scarico in mare ed il titolare veniva deferito alla locale Procura della Repubblica.