Ancora caos nella scuola calabrese dopo l’ultima bomba del presidente facente funzioni Nino Spirlì, che ha annunciato un’imminente chiusura delle scuole (o meglio l’attivazione della didattica a distanza) per almeno 15 giorni, periodo in cui l’intero personale scolastico calabrese sarà vaccinato contro il Covid, ovviamente in modo gratuito e volontario. Spirlì, indicando come inizio di questa pausa la prossima settimana, ne ha parlato come di una decisione presa in accordo con le organizzazioni sindacali, ma questa versione è stata smentita a stretto giro dalla triade Cgil-Cisl-Uil insieme a Snals e Gilda, che per tutta risposta hanno proclamato lo stato di agitazione dei lavoratori.
Favorevole alla proposta invece Ugl Scuola: oggi pomeriggio Ornella Cuzzupi, segretario nazionale e per la Calabria, ha incontrato Spirlì suggerendo di prestare gli istituti scolastici chiusi in temporanee sedi per le vaccinazioni del personale. Lo stesso presidente, rispondendo alla domanda di un cronista dopo un incontro pubblico, aveva motivato la chiusura proprio con la carenza di risorse per somministrare i vaccini a docenti e Ata nello stesso “blocco” degli ultraottantenni (l’inserimento del personale scuola in questa fase non è infatti nel piano nazionale ma una peculiarità della Calabria).
La grande domanda dei sindacati, ma soprattutto di docenti e famiglie, è: perché mettere in stop le scuole durante la campagna vaccinale – idea sui generis che non trova precedenti nelle altre categorie già vaccinate, ovvero medici, infermieri, personale e pazienti delle Rsa? “Sin dall’inizio della pandemia la scuola è stata la cartina di tornasole della crisi”, dice Elisabetta Gambello, dirigente Flc-Cgil. “Siamo stati i primi ad attivarci per fronteggiare l’emergenza, abbiamo resistito da quasi un anno con enormi sacrifici e impegno, ma il settore è stato mandato e lasciato allo sbaraglio, con continui cambiamenti, nella confusione più totale. La scuola in questa situazione è stata usata”.
La gestione di Nino Spirlì e la proposta di interrompere la frequenza scolastica durante la vaccinazione rappresenta per i lavoratori un gigantesco punto interrogativo. “Non se ne comprende la ragione – continua Gambello – e inoltre vengono tanti dubbi su tutta l’organizzazione della campagna vaccinale, costellata da messaggi contradditori. Si era consigliato il vaccino AstraZeneca fino a 55 anni, ora improvvisamente va bene fino a 65. Perchè? E’ chiaro, mettere un limite a 55 anni avrebbe significato escludere i due terzi degli insegnanti attualmente in servizio”.
Nel caso della Calabria, con la battaglia a colpi di ricorsi tra da un lato i genitori dei bambini di primaria e media che hanno ottenuto la riapertura delle classi e dall’altro Spirlì spalleggiato dai genitori che invece per paura dei contagi vogliono la Dad, viene pure un altro sospetto. Non è che il presidente facente funzioni si è inventato questa fantasiosa quarantena dei vaccinati per ottenere finalmente, svicolando dalle sentenze giudiziarie avverse, l’agognata sospensione della frequenza per tutti gli ordini di scuole? “Certo, è possibile – concorda Elisabetta Gambello – purtroppo con la scuola la politica sta agendo solo in funzione del consenso, e quando si è concessa ai genitori la scelta tra dad e presenza in classe è stato l’inizio della fine. Non sono le famiglie, con una scuola da ordinare a piacere come al ristorante, a dover avere la responsabilità delle decisioni: lo ripeto, docenti, genitori e allievi siamo stati usati”.
Se davvero la Regione, come promesso, manderà le scuole calabresi in Dad per due settimane, la conseguenza più probabile sarà il paventato recupero estivo celato dietro il calendario lungo di stampo europeo che alletta il neo ministro Bianchi. “Detta così, è un’idea assurda e ingiusta di per sè – dice Gambello – perché la Dad ci era stata presentata non solo come uno strumento di emergenza. Si era detto che sarebbe diventata una modalità nuova da rafforzare in futuro e utilizzare anche con altre finalità. Ora ci dicono che non era lavoro, che abbiamo perso tempo e lo dobbiamo recuperare. In Dad invece abbiamo lavorato di più e anche oltre l’orario, con estrema difficoltà. Ma credo anche, come docente, che la mia categoria debba essere chiara per evitare equivoci e luoghi comuni: lavorare in estate per noi non è un problema perché siamo in servizio – la storia degli insegnanti con tre mesi di ferie è una falsità storica figlia della disparità tra settore pubblico e privato, ma quest’ultima realtà esiste e non va negata. E’ vero, nella pandemia il privato ha sofferto e pagato di più, ma è arrivato il momento di smetterla di fomentare divisioni e odio sociale. Quando diciamo che le lezioni estive sarebbero controproducenti, non stiamo pensando a noi. Gli insegnanti lavorano ugualmente a giugno e luglio, noi pensiamo agli studenti, che dopo un anno simile sono già esausti adesso”.
Il personale della scuola in stato di agitazione reca una richiesta ben precisa: “Vogliamo un’idea di scuola delineata e certa. Indicarla senza più confusioni spetta alla politica, e noi ci adegueremo. Ma ci dicano una volte per tutte cosa si deve fare e perché, e proseguano sulla strada tracciata senza altre contraddizioni”.
Isabella Marchiolo
Scuola, sindacati contro Spirlì eccetto Ugl. Gambello (Cgil): “Troppe contraddizioni, ci diano un’idea di azione chiara e definitiva”
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