“Sulla carta di identità della bambina dovrà comparire la dicitura neutra ‘genitore'”. E’ quanto dispone una ordinanza del tribunale civile di Roma dopo il ricorso presentato dalle due madri delle piccola, la madre legale e quella adottiva, contro il decreto del 31 gennaio del 2019 dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che impone sul documento la dicitura “padre” e “madre” anzichè “genitore”. “Il giudice afferma che il decreto oltre a violare le norme, sia comunitarie che internazionali, è viziato da eccesso di potere”, spiega l’avvocata Federica Tempori che ha assistito la coppia nella vicenda giudiziaria.
Il ricorso delle due mamme era stato portato avanti dalle associazioni Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, che fin dal 31 gennaio 2019 si erano attivate per contrastare il decreto Salvini. ’allora ministro dell’Interno aveva emanato un decreto per modificare la dicitura impressa sulle carte di identità elettroniche rilasciate a minorenni: non più genitori, nei campi previsti per i nominativi delle persone che esercitano la potestà genitoriale, ma ‘padre’ e ‘madre’, anche nei casi in cui le famiglie sono composte da due papà o due mamme.
L’adozione del provvedimento andava infatti contro le indicazioni del e della Conferenza Stato- città e metteva in seria difficoltà le famiglie omogenitoriali: “Migliaia di mamme e di papà, già legalmente tali in forza di legge o di intervenute sentenze di adozione, sono state costrette ( e lo sono ancora oggi) a vedere il proprio nominativo femminile indicato sotto la dicitura «padre» e viceversa il proprio nominativo maschile indicato sotto la dicitura «madre”, scrivono le due associazioni che si sono battute per il riconoscimento dei diritti dei genitori dello stesso sesso.
La ministra Lamorgese, nel gennaio 2021, aveva annunciato la modifica del decreto durante un question time in Parlamento. Una modifica mai portata avanti, anche a causa del cambio di compagine politica: il secondo governo Draghi aveva anche l’appoggio della Lega, il partito di Salvini, che non avrebbe gradito un disconoscimento del suo operato. Per cui di fatto le famiglie omogenitoriali in tutti questi anni si sono trovate a doversi adeguare alla procedura; oppure ricorrere per via legale. Cosa che hanno fatto le due mamme che hanno vinto al tribunale di Roma, dopo una tortuosa vicenda giudiziaria.