Scatta l’ora del green pass e anche a Reggio il debutto della nuova misura restrittiva del Governo è all’insegna dei veleni. Una guerra annunciata, che tra piazze virtuali e reali, nelle ultime settimane aveva iniziato a ribollire con scambi poco diplomatici e punte di autentico odio tra le due fazioni dei favorevoli e contrari al passaporto verde.
Nel mirino degli oppositori c’è da oggi la categoria dei ristoratori, che secondo molti dovrebbero ribellarsi al decreto e in nome della libertà consentire l’ingresso nei loro locali anche di chi non possiede il green pass. Che questa sommossa comporti multe e il rischio di chiusura delle attività importa poco ai pasionari del “non mi vaccino e non mi tampono a comando”. Nella città dello Stretto, ad esempio, lo shitstorming da social si è abbattuto sulla rinomata pizzeria Fratelli La Bufala: non appena sulla pagina Facebook del locale è apparso l’avviso sulla necessità di esibire il green pass per i clienti ospitati nell’area al chiuso, si sono scatenati critiche e insulti. Tra chi in tono poco cortese dichiarava di non voler più mettere piede nel ristorante e chi augurava ai titolari di fallire, i commenti sono stati quasi tutti di tenore astioso – anche da parte di vaccinati, contrari però alla certificazione obbligatoria. Un’ondata di rabbia che ha spinto il pizzaiolo Giuseppe Ferranti, titolare del locale, a rispondere con amarezza: «Non sono passate nemmeno 12 ore da quando abbiamo messo il post sul green pass e devo essere sincero, sono nauseato dalla valanga d’insulti, chi ci augura il male, chi ci augura che dobbiamo morire di fame, chi invita a disertare il nostro locale…». Ferrante precisa: «Sicuramente non sono d’accordo su questa decisione ma, che mi piaccia o no, questa è una legge che va rispettata. Sembra che sia diventata una guerra tra noi ristoratori e non vaccinati o i no vax: come al solito, un cane che si morde la coda. Non ho niente contro chi non crede al vaccino, ognuno è padrone della propria vita. Purtroppo, la vita ti mette davanti a delle scelte e io in questo caso ho scelto la via della legalità».
«Questa è la dura realtà – conclude Ferrante – e tutti siamo bravi a giudicare magari la stramaggioranza di quelli che hanno augurato il male sono stipendiati. Ma se caso mai io mi dovessi ribellare e fare il “Masaniello” della situazione, avessi un controllo e mi chiudessero il locale, poi ai miei 37 collaboratori chi ci penserebbe?».
Una riflessione umanamente condivisibile, che ha ricevuto reazioni di solidarietà da parte di molti reggini, oltre alla presa di posizione di Claudio Aloisio, presidente provinciale di Confesercenti, che (senza riferirsi al caso specifico) in una nota ha stigmatizzato le accuse verso baristi e ristoratori, già duramente colpiti dalla crisi economica del Covid. E che a Reggio stanno attraversando una stagione estiva infelice anche per le perdite causate dall’insuccesso dell’isola pedonale – un progetto nel quale alcuni di loro hanno investito direttamente.
Insomma, al di là delle proprie convinzioni personali, chi è obbligato dalla legge a rifiutare clienti sprovvisti del green pass lo farà e di Masanielli ne vedremo pochi. Tanti ristoratori reggini però si stanno attrezzando per aumentare i tavoli all’aperto ed aggirare così la divisione tra clienti imposta dal Governo. Meno semplice sarà la gestione degli eventi culturali. Il green pass è richiesto anche per gli spettacoli all’aperto, ma solo quelli con posti assegnati, dunque non le esibizioni di piazza (che in realtà sono i più rischiosi per assembramenti) e molti operatori del settore si stanno già preparando a un calo delle presenze che per alcuni potrebbe significare il definitivo colpo di grazia in una ripresa faticosissima. Proprio per spettacoli e palestre si registrano i primi ricorsi all’avvocato per i mancati rimborsi di biglietti e abbonamenti: chi aveva pagato prima del decreto e non potrà partecipare vuole i soldi indietro, ma questa facoltà viene assurdamente negata da qualche esercente.
Un’iniziativa concreta per sostenere il settore è arrivata dal Museo archeologico nazionale che per non penalizzare le visite di turisti last minute ai Bronzi ha richiesto formalmente all’Asp l’installazione di un punto tamponi rapidi (che sono uno dei possibili requisiti del green pass) nella zona antistante l’ingresso del museo.
Eppure gli ammutinati esistono pure tra baristi e ristoratori e sono pronti a una lotta sotterranea a prova di delatori. Chi vuole trovarli nella sua città può cercarli sul gruppo carbonaro “Io apro”, che si è trasferito da Facebook a Telegram perché sembra che in queste ore, in concomitanza con l’esordio del certificato verde, il social di Zuckerberg stia cancellando a manetta post e gruppi degli oppositori, creando un pericoloso allarme censura, che non può che peggiorare il clima di tensione già fortissimo nel paese. Piccolo ma fondamentale dettaglio: sull’apposito canale Telegram (che sarà prevedibilmente disponibile in modalità fugace) si possono solo attingere informazioni ma non commentare. Una precauzione per arginare l’esercito di troll calati un po’ dappertutto a pronosticare la morte d’inedia chiusi in casa – prima che di Covid – ai renitenti del vaccino, in un’allucinata girandola di offese, dileggi e profezie agghiaccianti tra le due parti.
Isabella Marchiolo