Le vie di Reggio guadagnano i nomi di nuovi personaggi ma anche stavolta è una fumata nera per la parità di genere. Tra le ultime proposte della commissione toponomastica accolte dal Comune c’è infatti soltanto una donna, Serenella Lucisano, segretaria generale Funzione pubblica Cgil Reggio-Locri, scomparsa nel 2005. Porterà il suo nome la centralissima strada che incrocia via Varese e via Nicola Giunta. La notizia è stata accolta con commozione da Simone Squillace, figlio della sindacalista, che ha commentato su Facebook: “E’ un’emozione indescrivibile, soprattutto perché questa iniziativa non nasce dalla mia famiglia, dagli amici o dai colleghi ma dalle tantissime persone che mia madre nel suo purtroppo breve percorso ha realmente aiutato. Tutto questo mi fa guardare la mia città in un modo diverso. Adesso so dove portare mio figlio per raccontargli di sua nonna”.
Nell’ultima tornata, Lucisano sarà sola tra tanti colleghi maschi di fama illustre, come l’antropologo Diego Carpitella, l’imprenditore Demetrio Mauro e l’ingegnere Rodolfo Zehender. Uomini ricordati per la loro attività nelle professioni, nell’arte e in politica, come tutti gli altri nomi della toponomastica cittadina. Le poche donne presenti sono invece prevalentemente religiose, sante, e persino figure mitologiche.
«E’ un dato significativo perché mostra con immediatezza come per le donne non ci sia un riconoscimento di ruolo», dice Eleonora Scrivo, referente territoriale di Action Aid e impegnata nelle politiche di genere. «Siamo ricordate da suore o martiri, mentre nella vita pubblica sembrano essere esistiti soltanto uomini».
Per l’attivismo reggino quella contro la toponomastica sessista è una rivendicazione che parte da lontano. Nel 2014 Action Aid e l’associazione Il Seme se ne erano occupati ad Archi con il progetto “Le donne e la città”, su precisa sollecitazione della cittadinanza del quartiere. «Era un’azione nata lì – ricorda Eleonora Scrivo – perché non esistevano vie ma soltanto lotti, infatti a una vera toponomastica si sta iniziando a lavorare solo oggi. Allora stilammo un elenco di donne a cui intitolare le strade e il liceo artistico realizzò targhe bellissime, che furono poi esposte nella mostra “Ogni genere di targa”. Le targhe sono state consegnate al Comune e l’elenco alla commissione». Accolta l’astrofisica Margherita Hack (una studiosa di scienze, rarità assoluta), mentre tra i nomi rimasti ad attendere ci sono Maria Montessori, Elsa Morante, Alda Merini, Anna Frank, Mariangela Melato, Simone Weill. E Mia Martini: pare incredibile ma la nostra straordinaria Mimì a Reggio non è citata su nessuna strada, così come manca all’appello un’altra grande concittadina, Adele Cambria. Per la giornalista e scrittrice sembra però questione di tempo: non sono ancora trascorsi i dieci anni canonici dalla morte, sebbene in altri casi di personaggi più noti si siano fatte eccezioni.
Non è un tema minore come potrebbe sembrare. Molte amministrazioni comunali italiane hanno introdotto le “quote rosa” della toponomastica imponendo che le intitolazioni siano al 50% maschili e femminili. «Credo – continua Eleonora Scrivo – che un criterio di parità tra nomi maschili e femminili debba essere acquisito come norma dalle commissioni. E’ accaduto in molte città italiane, ormai esiste un movimento consolidato a livello nazionale. In una città toscana, con un’iniziativa molto bella, sono state apposte targhe fittizie intitolate a donne lungo una passeggiata condotta insieme ai bambini, a cui veniva raccontato chi erano quelle donne, spesso a loro sconosciute. Pensiamo anche a questo: dall’asilo al liceo i nostri figli frequentano scuole che si chiamano De Amicis, Vitrioli, Campanella e crescono con l’idea che i personaggi da celebrare per grandi meriti siano tutti uomini, apprendono il primato di genere».
La recente intitolazione a Serenella Lucisano si deve a una proposta dell’Udi (Unione Donne Italiane), che nella città dello Stretto è già riuscita a far apparire sulla rotondetta del lungomare una targa (realizzata a proprie spese) sulla ricorrenza più importante del femminismo, l’Otto Marzo. «Vogliamo colmare un vuoto importante, anche se sappiamo che ci vorrà molto tempo», dice Luciana Amato. «Tante donne meritevoli non sono prese in considerazione pur essendo state eccellenze in molti campi. Sono sottovalutate, o forse semplicemente non le conoscono». L’Udi ha studiato la situazione cittadina tirando fuori numeri inequivocabili: con la precedente commissione toponomastica su 300 nuove intitolazioni, 257 sono state dedicate a uomini e 30 a donne. «Si tratta di decisioni degli ultimi cinque anni – aggiunge Amato – quando questo tipo di dibattito era già in corso. Circa due mesi fa lo abbiamo segnalato all’attuale commissione e abbiamo presentato un piccolo elenco, dove c’era anche Serenella Lucisano. Il suo nome è stato accolto perché era reggina, ma io credo che sia un criterio riduttivo. A noi interessa che siano donne, non importa dove sono nate.
Poche reggine o calabresi di valore, dunque. In realtà nelle altre città non si sono mai posti questo limite campanilistico, ma forse il vero problema è studiare un po’ meglio la storia del territorio, facendo riemergere dall’ombra tanti personaggi femminili dimenticati. Anche nello sport: se al rione Gebbione oggi esiste un parco che celebra il 13 giugno 1999, data dalla promozione della Reggina Calcio in serie A, si può fare uno sforzo di memoria per trovare altri talenti ed eventi al femminile.
«Adesso – spiega ancora Luciana Amato – abbiamo inviato un altro elenco con una trentina di nomi, a me piacerebbe che ci fossero più scienziate, sfatando il pregiudizio che vede le donne portate per i mestieri di accadimento e poco dotate per le materie scientifiche».
Un altro nodo è la posizione delle strade. Un subdolo dislivello di genere passa anche dalla collocazione di strade dedicate a donne in zone periferiche. Per esempio Rita Maglio, prima consigliera comunale comunista a Reggio e fondatrice della sezione reggina Udi, “posizionata” a Gallico.
Conclude Eleonora Scrivo: «Un problema delle politiche di genere è che molti le trattano secondo livelli di importanza, invece non è così. Il femminicidio è il culmine, l’atto estremo, ma tutto il resto ha lo stesso peso perché è ugualmente l’espressione di una mentalità, è la base del patriarcato. Non sono dettagli. Il linguaggio di genere, ad esempio, o le panchine rosse. E’ vero, una panchina non ferma il sangue, ma ricorda le vittime e quello che è successo. Non sono dettagli, ma anelli della catena che dobbiamo spezzare».
L’obiettivo più caro all’Udi è ora vedere il nome di una donna sulla targa del Parco Lineare Sud. «Ci hanno detto che hanno già tante richieste – commenta Luciana Amato – ma anche noi abbiamo nomi significativi. Abbiamo pensato a Ilaria Alpi, di cui tutti conoscono la storia, ma non è l’unica. Ci teniamo molto che accanto al lungomare Falcomatà, un grande uomo, questa nuova bellissima area di Reggio evochi il ricordo di una grande donna».
Isabella Marchiolo