Nell’ambito di complesse attività di indagine coordinate dalla Procura Distrettuale della Repubblica, i Finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito, con il supporto di unità della Compagnia Pronto impiego Catania (“Baschi Verdi” e unità cinofile) nonché del Nucleo PEF di Reggio Calabria e del Gruppo Locri (RC), l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale ha disposto misure cautelari personali nei confronti di 6 persone, ritenute responsabili, in concorso tra loro e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, di un’intensa attività di narcotraffico con importazioni dall’estero e con l’aggravante dell’ingente quantitativo. Contestualmente, è stata data esecuzione a un decreto d’urgenza emesso dal Pubblico Ministero inquirente che ha disposto il sequestro preventivo di denaro e beni nella disponibilità degli indagati per un valore complessivo di circa 7,7 milioni di euro. Le investigazioni, svolte da unità specializzate del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Catania – Gruppo Operativo Antidroga del G.I.C.O., anche mediante attività tecniche, acquisizione di dati e notizie tramite banche dati in uso al Corpo, servizi di osservazione e riscontro, hanno riguardato un gruppo criminale dedito all’importazione dal Sudamerica via mare di ingenti partite di cocaina e alla successiva esfiltrazione dal porto etneo, grazie anche a collaudate tecniche di occultamento del narcotico e a consolidati metodi di recupero dello stesso. All’esito sono state acquisite molteplici evidenze che hanno permesso, per la prima volta, di fare piena luce sulle dinamiche criminali all’interno dello scalo portuale di Catania.
In particolare, è stata individuata la figura di un soggetto gravato da condanna del 2010 per narcotraffico e di suo figlio, entrambi operanti in quell’area in qualità di dipendenti della predetta società. È stato inoltre appurato che il primo avrebbe avuto rapporti con esponenti di spicco del clan PILLERA/PUNTINA e in particolare con un soggetto già condannato per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con sentenza del GIP di Catania del 2007. Nonostante le plurime cautele adottate quotidianamente dagli indagati, le attività captative e i servizi di pedinamento e di osservazione dei finanzieri etnei avrebbero consentito di accertare, ferma restando la presunzione d’innocenza valevole ora e fino alla condanna definitiva, la sistematica operatività di padre e figlio nel settore del narcotraffico e di individuare gli ulteriori soggetti che li avrebbero coadiuvati, definendone i rispettivi ruoli. A tal riguardo, sarebbero state acquisite gravi evidenze indiziarie con riferimento ad almeno tre episodi di importazione di ingenti quantitativi di cocaina, per un peso complessivo di oltre 215 kg, oltre ad iniziativa, non concretizzatasi, volta a introdurre una partita di droga di 300 kg. Il sistema, particolarmente oleato, si sarebbe caratterizzato per l’introduzione nel porto del narcotico mediante il suo occultamento in doppi fondi ricavati all’interno di container utilizzati per l’importazione di frutta dal Sudamerica. Una volta giunto in porto e scaricato sulla banchina, il container interessato sarebbe stato poi trasportato verso la sede/deposito della società di gestione dei servizi portuali, sita nella zona industriale di Catania, ove sarebbero state effettuate le operazioni di manipolazione necessarie a estrarre il narcotico, da consegnare ai relativi destinatari previo pagamento di una percentuale del 30/40% della quantità importata per il servizio reso.
Nel 2022, la guardia di finanza ha sequestrato 110 kg di cocaina occultata nel tetto di un container proveniente dal Sud America. In quel momento è emerso il coinvolgimento di Angelo Sanfilippo. Coinvolto anche Giuseppe Curciarello di Siderno, che “sarebbe stato l’organizzatore dell’importazione”. Emersi “elementi indiziari” anche a carico di Angelo Di Mauro e Antonino Vasta, indicato da un collaboratore di giustizia come “appartenente alla famiglia Cappello di Catania e nipote di Franco Egitto”. Entrambi, secondo le ipotesi investigative, “avrebbero operato per i Sanfilippo ai fini del tentativo di recupero del narcotico”. Coinvolto anche un affiliato alla ‘ndrina Molè di Gioia Tauro al quale Curciarello avrebbe chiesto un aiuto.
Sulla scorta di quanto ricostruito dal Nucleo PEF di Catania, il G.I.P. presso il Tribunale etneo, su richiesta della locale Procura, ha ritenuto dunque sussistente un grave quadro indiziario a carico degli indagati disponendo l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di 6 indagati. Contestualmente, i finanzieri etnei hanno dato esecuzione a un decreto d’urgenza, emesso dal Pubblico Ministero inquirente, di sequestro preventivo, anche per equivalente, del denaro e, in subordine, dei beni mobili e immobili di proprietà o nella disponibilità dei principali indagati fino a concorrenza della somma di 7,7 milioni di euro, corrispondente al profitto o prodotto derivante dal traffico di sostanze stupefacenti. L’attività investigativa si colloca nel più ampio quadro delle attività poste in essere svolte dalla Procura della Repubblica e dalla Guardia di finanza di Catania volte al contrasto del traffico organizzato e dello spaccio di sostanze stupefacenti, a tutela della cittadinanza e, in particolar modo, delle fasce più deboli della popolazione.