“Sentenza pesantissima, mi aspettavo una ampia assoluzione. Hanno ribaltato al realtà, oggi sono morto dentro”. Così l’ex sindaco di Riace, Domenico Lucano, ha commentato la condanna a 13 anni e due mesi nel processo ‘Xenia’ che si è tenuto al tribunale di Locri sui presunti illeciti nella gestione dei migranti. La sentenza condanna Lucano a quasi il doppio degli anni di reclusione che erano stati chiesti dalla pubblica accusa (7 anni e 11 mesi) e alla restituzione di 500.000 euro per i finanziamenti ricevuti dall’Unione Europea e dal Governo.
Lucano, noto per le politiche di accoglienza dei migranti che lo avevano reso famoso in tutto il mondo, era stato arrestato il 2 settembre 2016 nell’ambito di un’inchiesta della Guardia di Finanza in merito a presunte irregolarità nella gestione del sistema d’accoglienza dei migranti.
Nell’ottobre del 2018 Lucano fu anche posto agli arresti domiciliari dalle fiamme gialle con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e dopo il periodo di detenzione fu applicato nei suoi confronti il divieto di dimora a Riace, poi revocato dal Tribunale di Locri nel settembre del 2019.
I reati contestati al processo dalla Procura di Locri erano di associazione per delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La sentenza é stata letta dal presidente del Tribunale, Fulvio Accurso, dopo una camera di consiglio che si é protratta per quattro giorni. Il Tribunale ha condannato anche la compagna di Lucano, Lemlem Tesfahun, alla pena di 4 anni e 10 mesi di reclusione per i presunti illeciti legati alla gestione dei migranti.