La Corte d’assise d’appello di Catanzaro ha condannato a 17 anni e tre mesi Giuseppe Guadagnuolo, di 58 anni, reo confesso dell’omicidio dell’ex agente della polizia penitenziaria Angelo Pino, 52 anni, ucciso – come raccontò lo stesso Guadagnolo – perché aveva iniziato una relazione con la ex moglie dell’imputato. Una pena rideterminata rispetto ai 18 anni comminati in primo grado per la prescrizione del reato di ricettazione dell’arma contestato all’omicida.
Pino, il 20 ottobre 2019, a Lamezia Terme, fu raggiunto da tre colpi sparati con una pistola Beretta calibro 7,65 con matricola abrasa, che lo raggiunsero al torace e alla mano destra che l’uomo aveva alzato nel disperato tentativo di difendersi. Agonizzante ma ancora in vita, la vittima fu poi colpita più volte con la canna e il calcio della pistola alla testa e alla mano destra.
Subito dopo il delitto, Guadagnuolo si disfece dei vestiti, bruciandoli con della benzina, e cambiandosi con abiti nuovi che aveva portato appositamente con sé. Quindi gettò la pistola in un dirupo.
Guadagnuolo, difeso dall’avvocato Antonio Larussa, poche ore dopo il delitto confessò di essere l’autore e di avere agito perché Pino aveva intrapreso una relazione con la sua ex moglie. Il reato di omicidio è aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione.
A Guadagnuolo viene contestato anche il reato di stalking poiché il 58enne, secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme e della Procura guidata da Salvatore Curcio, aveva perpetrato atti persecutori nei confronti dell’ex moglie tanto da costringerla a cambiare abitudini di vita per sfuggire alla gelosia, alle minacce e alle ingiurie.
(Ansa)