Mortara (Pavia) – I finanzieri e i carabinieri forestali di Pavia hanno arrestato tre persone ritenute responsabili dell’incendio, avvenuto nel 2017 a Mortara all’interno di un impianto di trattamento di rifiuti.
I reati contestati sono traffico illecito di rifiuti, incendio doloso, utilizzo ed emissione di fatture false, bancarotta fraudolenta, riciclaggio ed auto-riciclaggio.
Oltre agli arresti, sono stati sequestrati più di 2 milioni di euro (tra cui disponibilità finanziarie, fabbricati, terreni ed autoveicoli) “frutto – secondo gli investigatori – dell’ingiusto profitto ottenuto attraverso il mancato pagamento delle spese di recupero e/o di smaltimento dei rifiuti ed il mancato versamento del ‘Tributo speciale regionale’ , la cosiddetta ‘ecotassa’”.
“La situazione dell’impianto era insostenibile alla vigilia dell’incendio, in quanto la quantita’ di rifiuti era di gran lunga superiore di quella che poteva contenere e in caso di controllo da parte di Arpa sarebbe stato chiuso. Mio marito Vincenzo Bertè e il Biani confrontandosi tra loro sono giunti alla conclusione che l’unico rimedio per risolvere la situazione era quella di dare fuoco all’impianto”. È quanto ha messo a verbale l’ex moglie di Bertè davanti agli investigatori della Guardia di Finanza di Pavia parlando del violento incendio che divorò il 6 settembre del 2017 la Eredi Bertè, ditta nel settore di recupero di rifiuti speciali, a Mortara.
‘Stai zitta o ti faccio fuori’. È la minaccia che avrebbe ricevuto l’ex moglie di Vincenzo Bertè, arrestato per l’incendio dell’impianto di gestione di rifiuti a Mortara di cui era titolare.
A pronunciare quelle parole dal tono intimidatorio sarebbe stato un presunto ‘ndranghetista “coinvolto nell’indagine ‘Infinito’ del 2010 come componente di una Locale” che si trovava in compagnia di uno dei più stretti collaboratori dell’ex marito della donna.
Per il gip Guido Salvini la presenza dell’uomo nella vicenda “getta una luce poco rassicurante sull’episodio di minaccia in danno della testimone”.
Le minacce – stando all’indagine della GdF coordinata dalla Dda di Milano – sarebbero riconducibili a “dissidi” tra la donna e l’ex marito Bertè “sulla gestione dell’impianto e delle altre società collegate”.
Tra gli episodi contestati dai magistrati c’è anche il tentativo che “stava per andare in porto” di una “spedizione, organizzata da Sviluppo Industriale”, una delle società al centro delle indagini, “di un carico di rifiuti diretti ad una società del Pakistan in forma del tutto illecita”. Dalle intercettazioni della Dda milanese disposte “a partire dall’estate 2019 sino al febbraio 2020” è emerso, scrive il giudice, “che i soggetti coinvolti nell’indagine ed altri a loro legati si sono adoperati costantemente per organizzare l’esportazione in forma illecita di notevoli quantità di rifiuti pericolosi da convogliare in siti esteri”. Uno degli arrestati, Biani, è “attualmente, al centro di una rete di trafficanti di rifiuti a livello internazionale”. L’uomo ha cercato, spiega ancora il gip, “di avviare allo smaltimento in Bulgaria rifiuti stoccati in un impianto, la Ecoross, di Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza”.